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La tecnica del “commesso in pietre dure”, conosciuta anche come “mosaico fiorentino”, fu incentivata nel XVI secolo dai Medici e fu perfezionata nel corso dei secoli grazie all’istituzione, nel 1588, dell’Opificio delle Pietre Dure da parte del granduca Ferdinando I de’ Medici. I disegni, fiori, paesaggi e figure, possono essere eseguiti con questa tecnica utilizzando parti di pietra colorata, assemblate una vicino all’altra, sino a ottenere cromatismi di particolare effetto, simile a una pittura, come la definì il Vasari nel 1550. Il termine “commesso” deriva dal latinocommittere (congiungere) tasselli di pietra tagliati da un filo metallico secondo un disegno iniziale, partendo dal quale veniva realizzato un cartone a sezioni che fungevano da composizione. I vari pezzi venivano fissati con colla su un supporto rigido e quindi lucidati.Sul modello fiorentino nacquero, in tempi successivi, le più note manifatture di Praga, per volere di Rodolfo II d’Asburgo e dei Gobelins daLuigi XIV di Francia, nel 1668. Alla fine del Seicento i Corbarelli, importante famiglia fiorentina di intarsiatori di pietre dure che operarono a Brescia, Padova, Vicenza,Modena e nel mantovano, introdussero l’arte del “commesso alla fiorentina” con intarsio a carattere naturalistico nell’architettura sacra (decorazione di altari). Ricevettero la commissione di eseguire le decorazioni dell’altare per la chiesa di San Domenico a Brescia, andato perduto. In questa tecnica furono maestri altri scultori bresciani, in particolare gli appartenenti alla famiglia dei Gamba.