Venere Italica
L’opera fu realizzata coma compensazione per il trasferimento in Francia della Venere Medici, rastrellata dai napoleonici. A tale opera lo scultore si ispirò idealmente, a livello più che altro spirituale, cercando di rievocarne la tenerezza della carne, il suo dolce vibrare, il movimento nello spazio, che rende attraverso l’articolazione libera del corpo e la delicatezza delle sfumature.
Lo scultore stese un impasto morbido e rosato per esaltare meglio la bellezza del corpo della dea, nell’atto di nascondersi dietro ad un telo, probabilmente sorpresa dall’arrivo di qualcuno, secondo il tema classico della Venus pudica.
Ugo Foscolo farà un confronto tra le due opere, quella del Canova e quella antica, e dirà della prima: “Lusinga il paradiso in questa valle di lacrime”, volendo esprimere con queste parole la superiorità della statua dello scultore neoclassico, questa dea più reale, quindi più desiderabile.
Si noti come anche in quest’opera c’è una voluta adesione alle teorie dello studioso tedesco Johann Joachim Winckelmann: la ricerca del bello ideale, la lontananza dallo sconvolgimento delle passioni e delle emozioni, sono presenti solo la “nobile semplicità e la quieta grandezza”.